2° Campo di Ricerca Speleologica  
   
 
Note introduttive: 
Dopo una serie di alterne vicende che hanno aggiunto un po’ di suspence all'impresa è stato partorito il secondo campo sull'Alben.  
L'intenzione era quella di cercare sulla montagna una zona di carsismo “classico” morfologicamente diversa dalla zona a carso “ruiniforme” e pozzi a neve già esplorata nel '94 con risultati poco esaltanti(rilevate 5 grotte di modesto interesse, massima profondità -30m).  
Due sono state le circostanze che hanno maggiormente condizionato l'esito della vicenda:  
A) Nelle settimane di preparazione c'è stato un periodo in cui sembrava proprio che una sola baita sarebbe stata insufficiente per ospitare tutti coloro che, in modo più o meno convinto, avevano confermato la loro presenza; ovviamente (a parte il week-end iniziale) siamo rimasti di nuovo in due.  
B) Le nostre divinità tutelari si sono preoccupate per i problemi igienici otenzialmente creati da una permanenza di dieci giorni in malga e, quindi, non ci hanno MAI fatto mancare la nostra razione quotidiana di pioggia purificatrice; risultato: il corpo è rimasto più o meno puro, ma le anime avranno bisogno di molte preghiere e penitenze per poter sopprimere gli effetti delle abbondanti e fantasiose blasfèmie eclamate dalla “numerosa” compagine. 
 
 
Breve cronaca: 
Voi tutti sapete che al cuore di rozzi esploratori non si comanda, così, dopo tre giorni di rintanamento in baita, iniziammo le vere e proprie battute esterne, indifferenti ai temporali e alla sorte avversa.  
La pioggia, altrettanto indifferente alle nostre aspirazioni, inzuppava il campo delle nostre ricerche e provocava addirittura l'innesco della sorgente Pizzarella, da cui usciva una cascata visibile a occhio nudo da qualche chilometro di distanza.  
Il risultato di cinque giorni di peregrinazioni “reidratanti” fu il ritrovamento di alcune belle doline sparse in giro per la conca e sistematicamente ostruite in modo drastico da detriti di varia natura (sassi, resti vegetali, immondizia... ).  
Stanchi infine di vagare invano tornammo controvoglia a cercare nel settore presso il passo La Forca, dove almeno eravamo sicuri di poter esplorare e rilevare qualcosa che ci permettesse di non tornare a valle a mani vuote.  
Con la nascosta, irragionevole speranza di trovare il Whalalla ci imbattemmo in A4, cavità segnata dai milanesi nel '78 e già vista da noi l'anno prima con occhio scettico; fu così che per la speleologia in Alben il 1995 divenne l'Anno di Odino.  
La grotta, gelida e bagnata, si lasciò penetrare senza grossi ostacoli: una sequenza di brevi pozzi-frattura portava in cima ad un P15 arrampicabile (con molta attenzione) e poi su due opposte fratture impraticabili poste circa a -30.  
Una di queste proseguiva oltre una rognosissima strettoia con ampio pozzo valutato sui 20-25 metri.  
Fu deciso di dare alla grotta il sacro nome di Wotan (Odino) dato che era destinata a diventare la più profonda dell'Alben, naturalmente a patto di superare l'ostacolo.  
Dopo due uscite e parecchie ore di duro lavoro solo uno di noi, e solo quando ormai era troppo tardi per proseguire, riuscì ad affacciarsi sul pozzo inesplorato.  
Matteo dedicò la strettoia a Capitan Harlock e uscimmo a malincuore programmando una nuova visita nelle settimane successive, visto che il giorno seguente bisognava trasportare a valle tutto il materiale e le nostre umide carcasse.  
Wotan, offeso, decise di non concederci nulla di più di quello che ci aveva mostrato fino ad allora.  
Un paio di settimane dopo l'inedita coppia Pannuzzo-Bertolini scendendo il pozzo scoprì che il fondo, ostruito a -50 da grossi blocchi di frana, lasciava passare solo aria.  
I disperati tentativi di disostruzione (e conseguente ritardato rientro) servirono solo a deprimere ancora di più i due prodi (senza ulivo).  
Erano passate da un pezzo le 22 quando mamma Bertolini, impaziente di celebrare degnamente la ricorrenza del compleanno del proprio pargolo, si vedeva costretta con disappunto ad avvisare il resto dello Speleo Club Orobico che il festeggiando non dava ancora notizie di sé.  
Pochi minuti dopo il bell'Antonio tranquillizzava telefonicamente tutti, senza peraltro riuscire a placare l'ira materna. 
 
Bilancio finale: 
Le nostre illusioni sulle potenzialità speleologiche dell'Alben sono state drasticamente ridimensionate dai risultati ottenuti in due anni di lavoro sul terreno e le cavità trovate finora non hanno sicuramente ripagato l'investimento di tempo e fatica.  
E' anche vero che prima di poter dire che quella montagna ha dato il suo massimo bisognerà aspettare che molta altra suola di scarponi venga consumata sulla sua candida dolomia, magari da gente meno sfigata o, se preferite, più sveglia di noi.  
Non credo che ci sarà un terzo campo sull'Alben, ma sicuramente ci capiterà di tornare a scarpinare in quelle lande, forse solo con la scusa che si tratta di un ambiente davvero bello e, in tal caso, non ci farebbe schifo inciampare in qualche grotta “seria” in zone non battute o viste frettolosamente.  
 
 
 
Testo di:
Giorgio Pannuzzo